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EVOÈ
COMPAGNIA TEATRO ROVERETO

MANIFESTO ARTISTICO 2.0.2.1

"La società è come uno specchio andato in frantumi, ogni scheggia rappresenta una parte di noi che cadendo a terra ha preso una sua identità autonoma, definita, legata all'originale solo attraverso un algoritmo, gestito da una mente alveare che divide et impera sulle singole parti della nostra stessa identità. Il Grande Fratello si è evoluto, è passato all'azione e dopo la disgregazione dei rapporti umani, ora punta alla disgregazione delle nostre anime"

Emanuele Cerra - direttore artistico di Evoè!Teatro

Dalla sua fondazione nel 2011 il gruppo si occupa dei nuovi linguaggi della scena contemporanea e nuove drammaturgie di autori viventi. Evoè! in origine rappresenta l'urlo delle baccanti, che liberavano la loro energia distruttiva al culmine del rito dionisiaco. È un atto di rivolta, liberatorio ma al tempo stesso doloroso, un' espulsione dal corpo di una parte di sé, una parte tossica e corruttrice alla quale noi stessi ci siamo sottomessi credendola salubre. Rifacendosi al mito dalle baccanti, il centro della ricerca è la disgregazione: lo sparagmos sociale che prende spunto dalla pratica attraverso la quale le donne di Bacco smembravano l'uomo al culmine del rito orgiastico per poi seppellirne gli arti ai quattro angoli del mondo.  La nostra poetica riflette una commedia oscura, cinica, "nera", la risata è amara, il pianto ridicolo: se ridi, ridi della tua stessa goffaggine, ma non c'è compassione per i vinti sono vinti e basta e tu sei al massimo puoi indignarti o esserne il carnefice. 


"tutto è bene ciò che finisce e basta." 

                          Stefano Benni - la compagnia dei Celestini


Proponiamo un teatro mai consolante, sempre sulla corda, che chiede allo spettatore una presenza attiva, una sua quota interpretativa. Rappresentiamo la società, con un'accezione cruda, così com'è, senza filtri romantici e senza passato né futuro. La società dell'adesso, che rifiutiamo nelle nostre menti ma viviamo sui nostri corpi, nelle nostre notti insonni, nei nostri sguardi stanchi, nella vaga speranza di tempi migliori e dalla quale spesso la nostra mente fugge. Un'estetica spesso disturbante agli occhi dello spettatore ed amorale: spetta al pubblico costruire un mondo diverso se lo vuole, migliore o peggiore in base a ciò che la rappresentazione risveglia in sé, sarà lui stesso a mettere in atto un processo consolatorio se vuole, a noi spetta la testimonianza del nostro tempo.


La compagnia lavora su questi ambiti:

 

  • Lavoro sulla autorialità e innovazione drammaturgica: si cercano testi di prosa post drammatica di drammaturghi italiani e stranieri viventi: i luoghi si mescolano assieme agli spazi, uno spettacolo inizia dal suo epilogo e i personaggi si mescolano uno nell'altro. Gli attori stessi non interpretano più dei personaggi ma ne assumono dei ruoli. L'attore non interpreta una scena nella sua totalità ma solo una parte, l'attimo chiave, quello che serve, per poi spostarsi subito in un altro luogo e tempo: non ha più importanza vedere il prima e il dopo, ciò che conta è solo l'Highlights. Sono un esempio di questo stile gli autori tedeschi, rappresentati dalla compagnia, come Roland Schimmelpfennig o Philip Lohle.  Altri vecoli della nuova prosa sono la contemporaneità scenica, quando più scene avvengono assieme mettendo lo spettatore in un voluto stato di straniamento tra il dover scegliere cosa e come seguire e il non capire niente. Questo ad esempio è il caso dei testi di Rafael Spregelburd, molto rappresentativi del nostro contesto storico: le voci si rincorrono senza un'apparente logica.
     

  • Prosa performativa: gli attori sono strumenti del pubblico. Lo spettatore, nel gioco scenico, è rappresentato da un attore che nemmeno recita più, viene guidato dallo spettatore e ne decide il destino, l'attore è il suo campione nel gioco. La comprensione richiede una parte attiva dello spettatore, perché le ultime frontiere della scrittura, anche se apparentemente sembrano lineari ad un certo punto vireranno in una situazione slegata a ciò che è appena accaduto. 
     

  • Il ruolo registico e l'estetica: sono determinanti negli spettacoli di Evoè!Teatro, il regista trasla e media le peculiarità drammaturgiche per il pubblico, fornendo chiavi di lettura, ma non soluzioni semplicistiche in favore di una comprensione meramente "passiva" dello spettacolo. Allo spettatore è chiesto di andare aldilà del consueto. 
     

  • Lavorare con i giovani: la squadra della compagnia mette assieme molte generazioni diverse e alcuni elementi di grande esperienza,  ma in gran parte il personale artistico è under 35: questo implica una visione sempre aggiornata sul mondo che viviamo anche rispetto al target degli spettatori. 

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